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La pace non è uno slogan da sbandierare ma un sentimento che parte dal cuore, è necessario sentirla nel profondo prima di costruirla giorno dopo giorno e portarla nella vita quotidiana.

Costruire pace è faticoso come lo è proteggere lo strumento del dialogo. Impariamo a guardare l’altro come una storia, come un vissuto da raccontare e non come un numero da inserire nei giudizi già preconfezionati.

Maria Di Pietro, dall’articolo
Bandiera della Pace - ARStore - Sermig
Foro da https://www.sermig.org/

Negli ultimi giorni la parola pace è sulla bocca di tutti: dai post su Facebook alle manifestazioni in piazza, persone di tutte le età gridano ed invocano la pace.
Un sentimento comune o quasi dato che stiamo uscendo da due anni di pandemia dove troppe persone si sono urlate le peggior cose, le aggressioni verbali sui sociali, in tv, sui media erano all’ordine del giorno e le parole “guerra” e “coprifuoco” sono entrate a far parte della vita quotidiana dell’uomo.


Si diceva “ne usciremo migliori” “andrà tutto bene” ed invece oggi abbiamo a che fare con la guerra in Ucraina apparentemente iniziata due settimane fa con l’invasione russa, ma che dura da più di otto anni e mai nessuno in tutto questo tempo ha pensato di spettacolizzarla in tv o dedicarne parole di solidarietà come in questi giorni.
Con invasioni, guerre civili, occupazioni di territori e instabilità politiche, ad oggi ci sono 27 conflitti in corso in tutto il mondo, ma per nessuno di essi viene accesa una candela o vengono dedicati messaggi di fratellanza per le vittime.


Ricordiamo le invasioni in Iugoslavia, Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina e Gaza che in tutti questi anni hanno causato la morte di milioni di persone e ancora oggi i profughi pagano a caro prezzo le conseguenze di quelle guerre studiate, costruite e volute per interessi politici ed economici.
Abbiamo assistito a guerre “umanitarie”, guerre “punitive”, pulizie etniche, esportazioni di “democrazie” che hanno portato a distruzioni di intere città, a morti inutili e a sopravvissuti, ancora oggi donne afgane e irachene partoriscono neonati con malformazioni a causa di bombe chiamate “intelligenti”. Tutti crimini di guerra rimasti impuniti.


Ancora oggi Capi di Stato vogliono combattere la guerra ma fornendo armi, sempre più mainstream alimentano odio parlando di amici e nemici, buoni e cattivi, alleati e avversari, il valore del dialogo è compromesso da persone che, anche in questo caso, usano linguaggi da stadio e tifano inneggiando all’attacco o alla difesa. Chi è a favore della guerra disprezza la vita, in tutte le sue forme.


La pace non è uno slogan da sbandierare ma un sentimento che parte dal cuore, è necessario sentirla nel profondo prima di costruirla giorno dopo giorno e portarla nella vita quotidiana.
Costruire pace è faticoso come lo è proteggere lo strumento del dialogo. Impariamo a guardare l’altro come una storia, come un vissuto da raccontare e non come un numero da inserire nei giudizi già preconfezionati. E’ importante confrontarsi con chi si ha vicino senza difendere con ogni mezzo la propria opinione individuale.
E’ necessario oggi tornare ad ascoltarci, ascoltare l’altro anche se sta esprimendo un’opinione a cui non siamo d’accordo, questo non significa mettere da parte i propri bisogni, ma è dare alla nostra idea un significato nuovo, nonviolento e libero.
Sentiamoci parte della stessa umanità, di uno stesso corpo. San Paolo duemila anni fa disse ai Corinzi: “come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo”.

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Creazione di Adamo, Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina-Vaticano

Se tutte le parti del corpo e gli organi pur diversi tra loro funzionano, creano armonia ed equilibrio e quando qualcuna di esse si ammala ce ne prendiamo cura. Sentirsi componente di uno stesso corpo ci permette di dare attenzione alle parti più deboli e fragili. Creiamo reti di solidarietà e responsabilità, promuoviamo l’accoglienza e la gentilezza. Generiamo azioni nonviolente nel quotidiano per diventare costruttori di un mondo migliore.

Autore

  • Maria Di Pietro

    Dopo un'esperienza decennale in azienda, oggi è trainer di focusing: accompagna i partecipanti attraverso seminari e laboratori a per far scoprire e valorizzare il loro talento e desiderio profondo, ad accogliere le fragilità interiori e ad interagire con i traumi subiti. Con gruppi, soprattutto giovanili, integra il focusing con percorsi sulla nonviolenza e sulla sostenibilità ambientale. Attenta alle tematiche dei diritti umani e della giustizia dei popoli, ha collaborato con realtà e associazioni che lavorano per un mondo più equo per tutti e soprattutto in zone di conflitto. Da 10 anni collabora con AssopacePalestina e attraverso iniziative, articoli, viaggi e incontri porta a conoscenza la realtà palestinese.

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